31 January, 2013

gennaio in chiosa.

Dividiamoci in due: in quelli che lo sentono, quel livello di inquietudine, sempre lì, a permearti la vita, e quelli che non hanno udito per questo, o semplicemente, coloro a cui fortunatamente non importa. 

Credetemi, non mento, io. 
Quando lo riconosci, quello stato, non ti lascia più.

Cammini e cammini, vorresti stare fermo, solo che se ti immobilizzi non hai scampo: è un continuo correre via, e ti stanchi ed i tuoi sogni, e le tue speranze, hanno il rumore sordo di un bicchiere scoppiato su una vecchia moquette. 

Puoi solo aspettare, piegarti e raccogliere i vetri, che continueranno a tagliare per giorni, per via di quei minuscoli ed invisibili pezzetti rimasti lì, ad aspettare un piede, verosimilmente il tuo.

Può risolversi tutto con del freddo sulle guance, quello che raggiunge una lieve soglia del dolore, tale da farti capire che ci sei: i piedi che camminano sono tuoi. 

Mentre ti trascini, noncurante del colore dei semafori, la musica è nelle orecchie, un'intuizione.
Il percepire che qualcosa vada oltre la tua corteccia cerebrale, e ti svegli, come il suonare del gong.

Il gong non c'è. Solo macchine. Speriamo che mi ricordi, svegliatemi.

Neanche l'amore ti salva da Lei che non ti porta mai via, solo ti divora, sempre più in fondo, ed ogni respiro lo senti, non perchè sia pervaso di vita, bensì perché ogni volta che il tuo naso inspira ed espira, TU soffri. 

Staresti immobile sul divano ad aspettare, sfigato vigile, e la osservi questa maledetta inquietudine. Stronza.

C'è bisogno solo di profondità, che raschia via tutto, controllando che oltre il primo strato ci sia la roccia, che le intemperie scalfiscono, e rendono di altra forma, raro fenomeno.

Squilla il telefono, ed è lui, e lo ami con tutta te stessa, come mai hai fatto in vita tua. Respirando come la gente fa nei momenti felici, quando l'amore è quello dei quindicenni e le circostanze non ti buttano giù. Non è così.
 
Sorridi guardando il telefono: quel respirare in mezzo alle tue gote all'insù fa male, e ancora, fa male. Sorridi, e soffri, lo ami, e sorridi.

Immobile ti fermi, e lo ringrazi quell'amore così grande. 

L'unica cosa che ti dà il coraggio per sopportare il dolore, la stanchezza. 

E provare a dormire, guardando un soffitto così bianco, e quando finirà il soffitto starai sognando, di umidi prati da attraversare, e di prove da superare con i piedi sporchi, provando a saltare cacche di capre, senza successo, e la mattina dopo, ancora sveglia, ricomincerà tutto, e poi un altro sogno, ed altra musica, poi ancora l'intuizione che dopo ci sia qualcosa di diverso, qualcosa di più facile.
 
23:54
L'ultimo giorno di Gennaio, 2013.