01 February, 2011

pensieri di un finale di serata.

sensazioni di una serata passata a parlare di "finali". 
il finale, chissà perchè, è ciò che ti resta sempre più impresso. succede per le rappresentazioni teatrali, per i balletti, succede agli esami. accade anche nei rapporti: sempre meglio partir male e poi riprendersi piuttosto che il contrario.
ho sempre fatto caso a quando ordini i gusti del gelato. sul cono - assurdo, ma ho fatto delle prove - il primo gusto che viene messo sul gelato, e quindi l'ultimo che mangeremo, è sempre l'ultimo, è la tua chiusura dolce. l'ultimo sapore, l'ultima impressione, l'ultimo profumo nel naso, è questo che ci ricordiamo. non so se scientificamente sia provato o se sia solo la nostra memoria ad avere facilità maggiore con le memorizzazioni di atti o immagini più recenti; quello che so è che la conclusione conta sempre e pesa tanto.
che sia esso bello o brutto ne è fondamentale la presenza, senza la quale il processo di metabolizzazione diventa più complicato, a volte quasi impossibile. senza il finale non siamo pronti, non sigilliamo, non chiudiamo, siamo sospesi. la sua assenza è un ulteriore appiglio, una bacata convinzione di esistenze falsate.
anche io voglio il mio finale, con te. 
e non ne voglio uno qualunque, ne voglio uno romantico, che riassuma tutto e che ci lasci andare, che non sminuisca nulla - ne lo ingigantisca - e che permanga nel tempo.
se i ricordi di alcuni rapporti convivranno con noi per più tempo di quanto questi rapporti siano persistiti è doveroso scegliere come rinchiuderli, prima nel cuore e poi, più avanti, con il tempo, in un angolo lontano e personalissimo della nostra memoria.

io ne voglio uno come il concerto di vienna del primo dell'anno, però al contrario, con la stessa enfasi, ma in chiusura. 
in fondo ogni interruzione rappresenta l'inizio di altro, almeno, fino al prossimo finale.

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