14 November, 2010

13 novembre 2010 – le ventidue in punto, milano.

E mi ritrovo qui ad organizzare un brunch di cui al momento mi interessa molto poco. I miei pensieri scorrono e vanno dritti a lui, a lui che non posso chiamare in questo sabato d’inverno. Prima sono uscita, ovunque c’erano persone con pacchetti natalizi, manca più di un mese e tutto già risplende. Sembra che questa giornata mi stia imponendo di riflettere: la tv si è rotta, la connessione se ne va appena inizio a distrarmi ed ho addirittura comprato un libro che si chiama “Tutto è perduto fuorché l’amore”. Non è da me. Oggi ho voglia di stare sola. Non mi sento bene, prima per un attimo ho pensato, cacchio, oggi mi sento proprio sola. Non faccio mai pensieri di questo tipo, la solitudine delle persone è solo quella che si creano. Ho tante persone vicino ma adesso ne vorrei solo una, tutte le altre mi sembrano solo dei visi sfuocati. Sono qui con la mia storia, indecisa se raccontarla o meno, continuando ad inciampare sui ricordi e sentendo la pesantezza di tutte le complessità che ogni giorno ho dovuto affrontare. Non sono infelice, oggi solo un po’ ferma; oggi non ho voglia di parlare, di vestirmi, di truccarmi, di sentirmi. Oggi ho solo voglia di arrivare a domani, il prima possibile. Mi sento appesantita. E’ un periodo di grandi cambiamenti, sono mesi che sto aspettando questo momento, sapevo che prima o poi avrei dovuto fare i conti con una nuova e bella vita che non è quella di prima, questa nuova vita che mi piace, è solo che devo capire quale è la mia casa, come fare a sentirla tale. Il cellulare per chiamare le persone che ami talvolta non basta. Sono contenta di essere qui  oggi ma non nego che queste giornate vorrei passarle a roma, andare in giro in ciabatte per casa, chiamare edo e carla, vederli. Semplicemente passare del tempo ed essere se stessi, senza la necessità di dover dimostrare quanto sia “brillante”. Non vorrei essere seduta su questo divano accanto a questo telefono che continua a squillare ma mai per quella chiamata. Quel cavolo giorno è cambiato tutto. Ha ricominciato a battermi il cuore, ho iniziato – di nuovo – a pensare a qualcuno con cui non avessi di che ridere per momenti passati, proiettandomi verso un futuro che al momento è solo ignoto. Ho paura. Ho paura di soffrire, ho paura che l’assenza che sento oggi domani sarà più grande. Timore di innamorarmi della persona sbagliata, di essere ancora una volta quella che si gioca tutto e che poi ci mette troppo tempo per ricostruire la propria vita, di affrontare quel troppo tempo prima che il dolore passi. Si, oggi sono spaventata. Dovrei raccontare questa storia, solo per farvi capire un po’.

E mi passo le mani tra i capelli e guardo questo foglio come se cercasse di dirmi qualcosa. Le parole sono troppe, i concetti confusi.

Febbraio 2010. Il diciannove.

Roma, quasi Milano. È passato tanto tempo, sono stati dei mesi intensi. Spesso ho pensato di aver ricevuto stimoli a sufficienza per scrivere di tutte le nostre vicessitudini in un libro, questo speravo mi desse  l’idea di quanto un periodo così breve della mia vita avesse potuto influire su tutto.
Sto partendo per Milano. Sarei sciocca se dicessi che tutto quello che è successo non ha facilitato questo spostamento. Sicuramente non è stato l’evento scatenante ma non posso negare che abbia reso il terreno più fertile.
Non ti scrivo per questo. Ti scrivo perché abbracciando l’idea di raccontarmi, alla fine qualche pagina è uscita fuori e volevo condividerla con te.
Lo so che faccio sempre tutto da sola, lo so che non abbiamo un rapporto e che questo contatto parte esclusivamente da me. Questo succede perché l’affetto che provo nei confronti delle persone, nei tuoi confronti, è mosso da sentimenti che prima di tutto sono i miei, per questo, come ti ho detto più volte non riesco a detestarti: ti voglio un gran bene. Sono sempre convinta che nel tuo modo strampalato sei stato la persona più trasparente con cui mi sono relazionata nell’ampia vicenda (…) – e considerando anche che trasparente al 100% non lo sei stato - perché non è che ci stessi capendo molto pure te, potrai immaginarti quanto tutto il resto sia stato oltremodo tragico.
Faccio un passo indietro.
Riesco ad ammettere di non averci capito nulla, di essere stata a lungo annebbiata. Quello che mi diverte adesso – solo adesso – è che tutto quel turbinio di sensazioni sia stato messo nero su bianco, giorno per giorno, per essere certa di non perdere nulla. Qui dentro ci sei anche tu. C’è di te quello che eri per me. Ogni giorno, per un motivo o per un altro, c’è sempre un momento - per quanto breve - in cui mi ricordo tutto questo, in cui mi si palesano davanti alcune scelte.
So che adesso può essere fastidioso ripercorrere quei mesi ma forse può darti l’idea di ciò che accadeva nella mia testa.
Leggi fino in fondo.

2009. 

BROCCHI, PAROLE E LUCERTOLE.

A volte mi sento in un’altra epoca. In 4 mesi la mia vita si è capovolta; le mie amicizie si sono fratturate, i miei amori si sono confusi e la mia famiglia… bè quella è rimasta stabilmente sconnessa.
Tutta questa storia parla di persone. Di esseri umani costretti ogni giorno nello stesso luogo che si sono naturalmente rapportati. Di come questi rapporti abbiano influenzato le nostre vite e di quanto ogni giorno faccia la differenza.
A 18 anni ho iniziato a lavorare in agenzia. Sono passati 7 anni ed io sono un’altra persona. In questo arco di tempo credevo di aver imparato a conoscere coloro che mi circondavano, soprattutto quelle persone che rappresentano l’anima di questo posto, quelle che ancora sono qui, che hanno visto andare e venire la maggior parte delle 50 che siamo oggi. Da poco ho iniziato a capire qualcosa di me, è successo soprattutto da maggio a settembre. 4 lunghi mesi.

No comments: