06 June, 2011

one has two chances: buckley's or none.


(or snowballs chance in hell.)


i più attribuiscono a "buckley's chance", un legame con un department store australiano, buckley & nunn. A me, e sono convinta di non esser la sola, piace di più la meno plausibile storia.
william buckley, detenuto inglese, fu trasferito, durante il suo periodo di prigionia, in Australia; lo si credette morto, riuscì a scappare, visse per anni in una comunità aborigena.
"buckley's chance" rappresenta quella possibilità altamente improbabile, proprio come quella del nostro william fu, as good as impossible.
qui, si vive nel tunnel di buck, dove tutto è così improbabile che, abituatati a spenderci sull'orlo di un precipizio, semplicemente ci giriamo dall'altra parte, per non soffrire di vertigini e non sapere quanto, quell'orlo, sia solo imbastito.
questa mattina ho temuto che la grammatica fosse errata, e verificando anche l'ovvio, ho scoperto che non era una questione di sintassi, di regole ed eccezioni, di forma: tutto era contenuto, è sempre tutta sostanza.
william avrà vissuto sotto mentite spoglie, non pensando alla forma, essendo chi era, travestito da altro, solo sostanza. william era stato costretto, riuscendo nell'impresa migliore; noi altri, no. 

al detto "di necessità, virtù", preferisco, di gran lunga, la chance di buckley.

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