31 May, 2011

scorticamenti.

ahah. trovo questo post-it prima, incollato sul mio computer, e non so se è più divertente associato al messaggio sul monitor, oppure se lo preferisco in relazione alla headline del 70x100 appeso sul muro. 
Il messaggio è chiaro.


31 maggio 2011: questa data non mi piace; sto per compiere 27 anni, e rifletto, forse troppo, sulle ciclicità della vita, eppure, non sto male, io sogno, sogno tantissimo, sempre ad occhi aperti, mi piace credere, nei sentimenti, nelle persone, nei momenti, ancora di più nelle opportunità, ieri mi piaceva festeggiare l'elezione di Pisapia. 


Ecco, la politica è un qualcosa con cui ho un rapporto poco chiaro. 
Non posso dire di sentirmi particolarmente impegnata, anzi, per alcuni versi posso dire di non esserlo affatto. È l'idea che le persone possano credere in qualcosa che mi piace, sia questo un orsacchiotto di peluche, la religione, un partito politico, o il super enalotto; e mi incanto, quando qualcosa del genere succede, per quanto non sposi nessuno di questi entusiasmi, o quasi.


Non posso sprecare giorni a sperare e lamentarmi senza far nulla, non posso spendermi in attese. Posso continuare a buttare la carta nel cestino, le sigarette nel posacenere, e provare ad imparare ad abbassare la voce - provare. 


Non posso non telefonare o scrivere, solo perché è inappropriato, lo faccio, e basta, e cerco se voglio, solo perché mi va, forse, voglio solo sapere come stai.
Sono una totale incapace quando si tratta di distacco, io non mi distacco, quasi mai, solo ti sposto un po', ma se entri nella mia vita, ci resti, oppure scappi, a gambe levate, e fino a quando per me ne varrà la pena, cercherò un confronto.
Tanti scappano, quasi tutti, forse perché poi comunque, diversamente, rimangono, perché qui, si crede nelle possibilità, anche quelle impossibili: sei sempre l'ultima a riaprire gli occhi.


Perché la cura, è tutto, perché "take care", non si può tradurre, deve rimanere così, e non è mai per caso. 


Così oggi potrei pensar male, o essere fatalista, o romantica fino all'esasperazione, o dedita al silenzio, come ora, con 'sta cazzo di musica nelle orecchie dalla settimana di boston, sempre le stesse 8 canzoni.


Sono egoista e non mi so tutelare, tutto fuori, tutto condiviso, tutto sofferente, che sembra sempre non ci sia bisogno. C'è.
Ed è una pessima giornata: di nuovo, siamo sulle montagne russe, si passa dalle valli del silenzio, alle vette da eco, epicità, tutta da evitare.


Sul fianco fa freddo ed a me, va bene così, per ora non si copre, non cambierebbe nulla, comunque, sta arrivando l'estate. 

28 May, 2011

la mia risposta.

in questa casa, in cui fino ad ora, non ho mai vissuto. un piccolo patio fuori, il mio gatto, che i baffi all'infuori, gli allungano il muso come una tigre, che si rotola, ciccione e morbido, al sole.
l'irrequietezza è uno stato di grazia, ti ci adagi fin quando non prendi la via, una giusta, solo per quel giorno, fino allo scoccare della mezzanotte dopo, quando, di nuovo, busserà alla tua porta.
Altro non farai che aprirle, ricominciando ad opporti, ogni giorno, ugualmente; questo, certo, sei hai deciso di vivere.
l'alternativa c'è, è un'esistenza sott'acqua, dove tutto è certo, e niente turba, dove le rughe non esistono, ma il botox sì; è una seconda chance non degna di rispetto, a parer mio, perchè, mesto, subirai. un unica preoccupazione: le omissioni da ricordare, la polvere, che ti si appoggerà sulle spalle, ti cambierà colore. Poi, una mattina, smetterai anche di mentire.
urla, e nella bufera, entraci. portati tutto, così per non esser solo quando, lei, sempre lì, aspetterà di vederti inciampare: fatti guardare le spalle.
che se non sarai presente, ci vivrai una vita nel tornado, e ti sembrerà quiete.
quiete, di una prospettiva distorta.

24 May, 2011

tanti auguri.

perché un po' ce lo si aspetta, questo post di oggi, e questo rende il tutto più faticoso, più difficile, non mentire.
alcune cose, allora, saranno più piccine, ed un po' più nascoste.
Se dovessi, questa mattina, raccontarvi cosa si sente, dovrei procedere per metafore.

Nel naso, zucchero a velo, del sapone, quell'odore fruttato ed un po' agrodolce dei fiori bianchi nelle siepi, quelli che tutti chiamano gelsomino, ma gelsomino vero non è, che tu cammini per strada e ti ci vorresti tuffare dentro, prendendo la rincorsa verso quelle siepi, inciamparci sopra, e ridere, ridere proprio sguaiata. Un aroma che, in tram, questa mattina, circospetta, mi guardavo intorno, a cercar di capire dove fosse la fragranza, che pensavo fosse lì. 
Non l'ho trovata, ho scoperto, era dentro: ti si posiziona proprio in alto, all'inizio di quello che secondo me, visto da fuori, è il setto nasale, e come una valvolina, appoggiato, quest'odore, ti spruzzetta, chhh-chhh, chhh-chhh, e ti inebria tutto il naso, così ti ci immergi, ed al naso, non ci pensi più.
Negli occhi, ci sono "scappate" di sguardi da un punto all'altro, su una testa, su un oggetto, sulla mucca blu che è qui, sulla scrivania di fronte, ci sono gli occhi fuori dalla finestra, immersi nel sole, e sì, confessiamolo, ci sono anche gli occhi sul poster del modello appeso sul muro, perché anche questi, vogliono la loro parte. 
Sono occhi furbi, che un po' ammiccano, un po' ridono, e quando lo fanno, più sottili, si avvicinano agli zigomi ed arrivano a quel punto, più che occhi son la faccia, occhi che ti determinano, e si muovono, tantissimo.
Nelle mani c'è una gestualità imbarazzata, mani impaurite, che un po' si stringono tra loro, per spiegarsi che è vero, che questo corpo è carne, mani che si fanno a pugnetti fin quando non senti un po' di dolore, e sei sveglio. Braccia che terminano con esse, mani che scrivono, mani che sanno parlare, mani che temporeggiano, c'è la testa.
C'è lei, perché ieri non riuscivi a prendere sonno, la senti, ed un po', per colpa di quella valvolina, è frizzante, perché in fondo, andrà tutto bene, e quella, testaccia presuntuosa, già sa, che ci son cose, che non si può perderle, che il tuo stomaco si sposta nella tua scatola cranica, ed il cervello, un po', si riposa.
C'è la voglia, quella assurda, di aprire gli occhi, la mattina o anche il pomeriggio (o anche quando giochi a nascondino dopo aver finito di contare) ma comunque, non per svegliarsi insieme. Voglia di sbirciare, quando vuoi continuare a dormire, e cercare di capire chi sei, e non averne la minima idea, e non volerti destare, e sei lì, e se dormo, lo so che poi mi sveglio e ti ritrovo, o almeno, sono certa, trovo un biglietto, che anche se sarà sgrammaticato, ed oltre la comprensione, ci sarà di sicuro, almeno, scritto: ciao.
C'è una bocca, c'è voglia di baci, che è una voglia che si può anche masticare, una voglia tutta femminile, e mentre la scrivo sorrido, perché non so ancora, se gli uomini possono comprenderla, é come se ti mordessi le labbra, per trattenerla, è un sapore dolce in viso, dove tutto, formicola.

12 May, 2011

cowboys in mason.


Eccolo, è passato, il primo giorno a Cincinnati, dove si sono radunati tutti i veri ed ultimi cowboys – uno di questi, con degli enormi occhi blu, è proprio seduto vicino a me, ed ha appena detto qualcosa parlando di un cappuccino al mango… ho provato a spiegargli che, se conosci il cappuccino, quello al mango non è un’opzione – Greg, ride.

Come è? E’ diverso.
Dell’Ohio però, parliamo tra un po’, prima viene Boston, e l’ultimo giorno trascorso lì.
Terzo ed ultimo giorno nella città dei Red Sox, significativo. Nonostante gli orari, ancora non mi abituo, più di tutto ti colpiscono le persone. Non è che qui ti salutano e basta, la gentilezza è comune, sembrano tutti interessati a te, a sapere chi sei, da dove vieni, come stai, come ti trovi, anche se solo per cinque minuti, basta il tempo di un caffè. Sii pur certo che chiunque ti saluterà e chiederà di te.

Red Sox, Charlestown, Harvard e Cincinnati: queste le mie ultime 48 ore.

Red Sox, Fenwey Park: non so come descriverlo, del baseball so solo che, tutti, ma proprio tutti, corrono, e tanto!, so che giocano solo da un lato del campo, e che, anche questo, è uno sport per tutti, i biglietti partono da 12$. I cheeseburger, sono veri, senza nessun tipo di raffinatezza, le cipolle, in questi panini, urlano.


Harvard. Ecco, wow wow wow. H. è un posto assurdo, bello, tutto è quieto, è verde, ma anche urbano, affascinante, un po’ storico, con le case studentesche ed i grandi stemmi, i viali alberati e mini shops ovunque; è più piccolo il campus, così come l’edificio principale: non sono imponenti come immaginavo, questo credo sia un bene. Per non farci mancare nulla, con i miei amici australiani, siamo rimasti chiusi nel cortile del campus. E’ un bel posto all'interno del quale rimanere bloccati.

Charlestown. Questa è la parte di Boston vicina a North End, dicono sia il quartiere italiano, quindi, non l’ho visitato. Charlestown, rigorosamente sul mare, è disseminata di bandiere americane, ci fai caso per forza, e coccarde e fiocchi e ribbons, chiamateli come volete, fuori ogni porta – qui, sono patriottici, ma tanto. C’è un enorme ed inquietante obelisco, monumento a memoria della Rivoluzione Americana. C’è ancora un uomo, che ogni ora, come fosse successo ieri, all’interno del monumento, ti racconta “accorato” quella storia, perché bisogna ricordare: all’inizio mi ha infastidito, poi, l'ho  apprezzato, perché, per essere così, devi credere in qualcosa, giusto o sbagliato che sia. Qui, non si paga il biglietto all'ingresso.

cincinnati, mason, questa è l'america. sono tutti un po' cowboy, seconda tappa raggiunta. 
Boston scoiattoli, Cincinnati papere, una famiglia intera: prima la mamma, poi i bimbi, poi il capofamiglia: hanno attraversato la strada.

Ora di dormire, 04:14 lì, 22:16 qui.
See you soon.

10 May, 2011

squirrels eat flowers.

E' proprio primavera qui, ed anche se questo non si evince dalla temperatura ma dai colori, cacchio, è bello. ci sono tutte queste casette di mattoncini rossi, quasi palazzi, con qui e lì tulipani che colorano le aiuole, è tutto pensato in modo da farti respirare aria di casa, tutti i palazzi con le scalettine davanti alla porta, che se ne vedo una rossa impazzisco. così, questa mattina, per arrivare al primo appuntamento che ho qui, ho deciso di camminare ed è stato bello. L'aria è di mare, ed il vento anche, è familiare, è bello.
09.45 qui
15.48 lì.


Ho cambiato idea, non è che è solo primavera, qui la primavera si mastica, completamente.
Dopo un'intera giornata di riunioni, che all'inizio mi stavo vivendo con sospetto, uscita da questo mega ufficio, ho deciso, invece di tornare in albergo, di camminare un po': più andavo avanti e più quello che mi circondava era piacevole da osservare, tutto super curato.
Ad un certo punto, l'ho visto: il parco. Non potevo non entrarci; ho attraversato la strada e già ero emozionata, per entrare attraversi delle ringhierine nere, con dei piccoli pioli dorati, che sono talmente basse da farti capire quanto rispetto c'è, tutto pulitissimo ed immacolato. Comunque, varco l'ingresso ed inizio a camminare, guardandomi intorno, circondata da alberi in fiore, da cespugli perfettamente tosati, da placche alla base degli alberi per indicarne il tipo; pensavo di essere piuttosto soddisfatta quando è comparso: il laghetto ed io mi siedo - mentre il vento si iniziava a farsi più forte - su una panchina, per osservare tutto, l'ambiente, le persone, ed eccolo, lo percepisco, una cosa marroncina che mi corre alle spalle. Speravo fosse vero, ma non ci potevo credere senza cercarlo di nuovo con lo sguardo, mi giro, prima uno scoiattolo, poi un altro ancora, poi ancora e ancora, tutti sul prato. Mi sono emozionata, e mi sono avvicinata, ero vicinissima, e li guardavo, con quelle guanciotte che non puoi non volergli bene, e gli occhi, pieni, tondissimi, neri, e la coda soffice, che vorresti appoggiarci sopra il viso, ma piano piano, solo per sentirne la morbidezza, senza fargli male. Hanno iniziato prima a scendere tutti dagli alberi, ce ne erano tanti tanti, e poi hanno iniziato a rincorresi, divertiti, giravano intorno ai tronchi degli alberi. Estasiata. Si è alzato di più il vento, ed eccoli, tutti in piedi, immobili, tutti girati, a guardare nella stessa direzione. E' una di quelle cose che devi essere con qualcuno, per ammirarle, in religioso silenzio. Stavo per andare via quando, ne scende un altro dall'albero, e ci fissiamo: io mi avvicino, lui anche e prende quello che ormai nella mia testa è un fiore, ed inizia a masticarlo, fissandomi, come se fosse la cosa più normale del mondo, e fidatevi, non lo è affatto. 
Non so se sia più incredibile il fatto che qui, ero l'unica completamente impazzita per la scena, nessun altro ci stava facendo caso, o l'esistenza stessa di questi esserini di pelo. Per tutti loro, gli ignari, un po' mi è dispiaciuto, perché non sanno cosa si prova, quando li guardi, e loro, ti osservano, da roditori ammiccano, perché sanno quanto sono meravigliosi e poi, non riuscendo a staccargli gli occhi di dosso, capiscono, che devono regalarti qualcosa ancora, e lì, quando stai per andare, iniziano, tenendoli, stretti, e guardandoti, ancora, li masticano, mangiano i fiori.


qui 19:14
lì 01:12

09 May, 2011

boston - first.

hey there.
mi succede sempre quando arrivo in un qualche posto nuovo, e sono sola: all'inizio, ho sempre un po' paura e mi invento ogni plausibile scusa per temporeggiare e ritardare la decisione di avventurarmi alla scoperta della città. Questa volta mi sto disperatamente aggrappando al tempo -  sembra stia per piovere, così sono in questa camera d'albergo, con due enormi letti, di cui uno è già stato colonizzato dal mio guardaroba, e l'altro, che è stato subito scelto, è il mio, io dormo sulla destra del letto, e quindi, il letto più a destra sarà la mia cuccia. C'è questa comodissima poltrona, oro e rossa a righe, con il poggia-piedi - che ritengo una delle invenzioni più felici di sempre - e seduta su di essa, sto aspettando; credo il momento giusto, per ora sto così, mi guardo intorno, non capendo se ho sonno o no. forse devo proprio andare, e scoprire se questa è la città di ally mc beal - e se non lo fosse, bisognerà scegliere qualcun altro che le calzi a pennello.


ora di qui: 19:14
ora di lì: 01:12
libro: stampato eve's diary, per fidarci di un consiglio, english version, un po' in aereo, leggevo e  ridevo da sola, eva è un genio.


200, stuart street, boston - massachussets.
basta, mi vesto.
cheers.

06 May, 2011

ricezione: on.

youtube. la vie en rose, quella di louis armstrong. un'amica di cap-ricci e la consapevolezza di essere, splendidamente, ricettive. cosa ci spinge nella vita? non lo so, spero, mille mille mille momenti, differenti, ognun per sé, e, per un po': quando succede, poi, che ti senti rapito, hai solo da gustare, tutto sul palato. 
ancora completamente inebriata, che non lo puoi raccontare perché è tuo, e te lo tieni, stretto, e respiri; se socchiudi gli occhi è ancora lì, immobile. 
ed una mattina, magari, inizi solo a voler bene ad una vecchietta, ma per un minuto, forse anche meno, unicamente per la sua acqua di colonia, che a te, è familiare, ed un sapore in quel breve frangente, ti accompagna. le tue antennine sono lì, ritte, sempre più su, e capti, continuamente, vivi di questo. tutto acceso, tutto fluorescente, anche se solo per poco, un po' compagni di viaggio.



qui, frizza tutto.

molletta e bottone.

Non pensarci proprio, bottone sono io, tu sei molletta. bottone torna a casa ieri vittorioso, perché, anche se, suo malgrado, si è staccato dalla giacca, capitombolando, finendo prima per terra e poi arrampicandosi faticosamente sul tavolo, completamente spaesato, un bottone senza una giacca, come un pesce fuor d'acqua, ma peggio, perché bottone, senza casa sopravvive, e si deve adattare, bé, bottone, si è lanciato, ed è corso, a piccoli passi, dentro ad una tasca, ma non una qualunque, una un po' grande, una accogliente, che dentro sembra ci sia - sempre che esista - un rivestimento di flanella ultra-leggerissima. Bottone, molletta l'aveva già vista, ma, un bottone ed una molletta insieme, nella stessa tasca, si incontrano, e si scrutano, e sì, si parlano, solo forse, si capiscono. Molletta squittisce, bottone borbotta.
È difficile, bottone, è uno da giubba, non uno di quei milioni di bottoncini con quattro buchi, non è uno che si spezza. Lui, ha un unico foro, o lo centri, o no, non c'è margine di errore, o ti ci trovi o non ti parla. Molletta è delicata, e gentile. E, ad un certo punto, arriva un qualcosa che sembra una  richiesta di aiuto, che in questo caso non si può dire ma se fossero persone, metaforicamente, si sbottonerebbero, no, non per togliersi i pantaloni, insomma, arriva un momento, in cui, bottone si sbilancia, anzi, si lascia un po' andare, ma non per scelta, piuttosto per necessità, e molletta, acuta, e di nuovo, gentile, comprende, e succede, succede che si incastrano, in una forma nuova,  perché è molletta, che abbraccia bottone, e bottone, che di solito contiene, che adesso riempie, e si lascia andare, e tutto si congela, ma non fa freddo, fa che questa strana costruzione è naturale, ed assurda, è incredibile; i baci delle nonne sulla fronte. ed è magia.



02 May, 2011

cuoce una fetta di carne.

sfrigola l'olio nella padella, o forse, sta solo friggendo - già questo rende chiara la metamorfosi: se cucini, anche solo uno spicchio di aglio nell'olio, o fai rosolare le cipolle, ci stai provando. 
stai provando a rimettere la tua vita in sesto, a darti degli orari, ad avere delle abitudini, vale anche solo la tavola apparecchiata, una volta a settimana, nonostante tu stia mangiando, da solo, e non sei triste, è uno di quei momenti belli, che ti iniziano a rappresentare solo perché sei tu, perché, finalmente, stai cercando di non correre come un pazzo dietro agli attimi, quei famosi momenti che, ricercati affannosamente nell'arco di ventiquattro ore, ti facevano vivere solo di alti e bassi, sempre epici, e non è "piattume", è solo la carne che cuoce, la scegli, a volte male, ti decidi, la compri, ti prepari a mangiarla, già un po' l'assapori, la cuoci, un po' la bruci, ma se è poco ti piace, come la gelosia, e poi la tagli, ma non tutta insieme, un po' per volta, perchè sì, finisce subito, ma non così presto, è lì, finchè non la mangi, ed il piatto, poi, è vuoto, rimane il condimento, ma tu, non sei uno da scarpetta, non lo lasci pulito, ne rimane un po' lì, perchè il meglio l'hai già preso, ed a te va bene così, lasci andare anche il grasso, perché non è tutto buono. sei sazio, hai cotto una fetta di carne, consapevole, i piatti nel lavandino, non li lavi subito, lo sporco non lo togli, tu, tutto insieme.